mercoledì 13 agosto 2014

Il grande paese     



Millard Carroll e Paul Graves, new dealers idealisti e competenti, Georgia Washburn, segretaria acuta e instancabile, Herbert Spotswood, commentatore radiofonico di successo, tutti americani impegnati nella costruzione del “grande paese”. Dietro le quinte la figura del presidente-burattinaio e sullo sfondo l‘Europa alle prese con la furia nazista. Attorno, i giochi della politica, le cui regole  e i cui giocatori sono universali: persone mediocri che mirano al potere, e una volta raggiunto ne vogliono sempre di più. 
Il progetto di un’America nuova e democratica si srotola tra le pagine del romanzo di Dos Passos, lentamente, insieme alle vite degli uomini e delle donne che ne sono parte. In queste vite, però, ci entri piano piano, cogli nuove sfumature a ogni capitolo, a ogni capitolo aggiungi un pezzo, come quando conosci una persona e ci metti un po’ a capire com’è fatta. Non è un romanzo ricco di eventi ma una storia con un anima profonda in cui ti accorgi di essere entrato solo quando ormai non puoi fare a meno di andare più a fondo. Non puoi fare a meno di scavare e di comprendere questi uomini e queste donne che combattono tante guerre, che si scontrano con nemici diversi. C’è chi combatte con coraggio e lealtà, chi invece, meno idealista, scende a compromesi e chi, impegnato sul fronte dei sentimenti, deve fare i conti con un passato infelice e un presente in cui non si riconosce e non riesce a sostenere. Le guerre dei più puri si concludono con la ritirata, ed essi si arrendono portandosi dietro ferite profonde.
“Il grande paese” è la storia di una nazione di idee nobili e sporchi interessi: più attuale di così?