giovedì 3 ottobre 2019

Guardare Il film di Mario Martone, ispirato alla commedia in tre atti di Eduardo de Filippo, è come stare a teatro. Lo sguardo dello spettatore non riesce​ a spostarsi oltre la scena,​ lo spazio ripreso è limitato come un palcoscenico. Le case lussuose e kitch, i personaggi​ al limite del surreale che ricordano lo stile di Gomorra sono elementi di modernità, che riportano la narrazione al presente, ma lo spirito della commedia del grande drammaturgo resta immutato.​ Sullo schermo si aggiunge la forza descrittiva delle inquadrature di Napoli, città vitale e variegata dove il centro storico e la periferia si fagogitano fino a somigliarsi.
A differenza della commedia di De Filippo,​ il personaggio principale,​ Antonio Barracano,​ ​
è un uomo dei​ giorni nostri a metà tra un santone e un camorrista. A lui si rivolgono tutti quelli che hanno un problema da risolvere, dissapori familiari, litigi tra amici. Ma Barracano non aiuta per soldi, non mira alla ricchezza personale, è mosso dagli ideali della giustizia, dalla difesa dei più deboli, di chi non ha gli strumenti per ribellarsi alle angherie dei prepotenti. 
L’interpretazione, convinta e perfetta, di​ Francesco Di Leva riesce a mettere al centro della scena la figura di Barracano e a rendere tutti gli altri​ semplici comparse. Citazione a parte per Viviana Cangiano perfetta nel suo ruolo. 
Ma si puo fermare l’ingiustizia, la guerra, la violenza? L'ideale di Barracano è destinato a rimanere utopia? Un uomo solo cosa può fare? La risposta è nel finale del film. Una scena su tutte va assolutamente ricordata: la moglie del Barracano viene morsa da uno dei loro cani e finisce in ospedale, racconta l’accaduto al marito e sentenzia che quel​ cane è troppo violento e va abbattuto. Antonio allora le chiede: “ ma a che ora sei uscita? Era buio?”​ “Era buio", risponde lei, "avevo dimenticato una cosa in macchina” E Antonio laconico : “tene ragione ‘o cane”.

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