Guardare Il film di Mario Martone, ispirato alla commedia in tre atti di Eduardo de Filippo, è come stare a teatro. Lo sguardo dello spettatore non riesce a spostarsi oltre la scena, lo spazio ripreso è limitato come un palcoscenico. Le case lussuose e kitch, i personaggi al limite del surreale che ricordano lo stile di Gomorra sono elementi di modernità, che riportano la narrazione al presente, ma lo spirito della commedia del grande drammaturgo resta immutato. Sullo schermo si aggiunge la forza descrittiva delle inquadrature di Napoli, città vitale e variegata dove il centro storico e la periferia si fagogitano fino a somigliarsi.
A differenza della commedia di De Filippo, il personaggio principale, Antonio Barracano,
è un uomo dei giorni nostri a metà tra un santone e un camorrista. A lui si rivolgono tutti quelli che hanno un problema da risolvere, dissapori familiari, litigi tra amici. Ma Barracano non aiuta per soldi, non mira alla ricchezza personale, è mosso dagli ideali della giustizia, dalla difesa dei più deboli, di chi non ha gli strumenti per ribellarsi alle angherie dei prepotenti.
L’interpretazione, convinta e perfetta, di Francesco Di Leva riesce a mettere al centro della scena la figura di Barracano e a rendere tutti gli altri semplici comparse. Citazione a parte per Viviana Cangiano perfetta nel suo ruolo.
Ma si puo fermare l’ingiustizia, la guerra, la violenza? L'ideale di Barracano è destinato a rimanere utopia? Un uomo solo cosa può fare? La risposta è nel finale del film. Una scena su tutte va assolutamente ricordata: la moglie del Barracano viene morsa da uno dei loro cani e finisce in ospedale, racconta l’accaduto al marito e sentenzia che quel cane è troppo violento e va abbattuto. Antonio allora le chiede: “ ma a che ora sei uscita? Era buio?” “Era buio", risponde lei, "avevo dimenticato una cosa in macchina” E Antonio laconico : “tene ragione ‘o cane”.
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