domenica 30 gennaio 2011

Il discorso del re

Stanchi di donnette vendute e uomini che comprano (chi biasimare di più?!), avviliti da ideologie vuote, da partiti inesistenti, da etica in agonia, vedere il film " Il discorso del re" solleva un pò il morale, perchè rincuora pensare che qualcuno ha vissuto per un ideale.
Il film é la storia di Giorgio VI che è afflitto da una grave forma di balbuzie, un difetto del linguaggio importante soprattutto per quel momento storico in cui la "propaganda radiofonica" è un vettore fondamentale tra chi comanda e chi è "governato". Il re si affiderà alle cure del logopedista Lionel George Logue che lo guarirà. La forza del film è il contesto storico: la Germania nazista sta per coivolgere l'Europa nella sanguinosa seconda guerra mondiale. Il contrasto tra il re, impacciato nelle parlare, con quelle lunghe pause che contengono tutti i rapporti anafettivi della sua vita e i traumi e i dolori, stride con la voce sicura e potente di Hitler che invece non esita, non si ferma, non s'inceppa mai mentre sta per mettere in ginocchio il mondo intero.
Il re riuscirà per amore del suo popolo e grazie all'aiuto di sua moglie a parlare alla sua gente, che nella sua voce troverà la forza di resistere alla prepotenza nazista. Un amore che gli farà sconfiggere i suoi fantasmi interiori, le sue carenze affettive, i suoi traumi infantili e la sua scarsissima autostima. Il film parla di storia ma non è un film storico. Perchè la storia, come accade sempre nella realtà, è ai margini delle vicende umane, anche se si crede ingenuamente il contrario.

1 commento:

Pompiere ha detto...

“Il discorso” abbina un’ironia lieve (le scene in stile “atelier teatrale” in presenza della Bonham Carter e di Rush sono le migliori) a una, a tratti faticosa, coerenza storica. Coesione che non manca quando si tratta di sottolineare il peso delle oppressioni in età da fanciullo e la freddezza règia subita dal povero Albert “Bertie” Frederick Arthur George Windsor. Peccato che l’approfondimento duri poco e che il regista Tom Hooper passi presto “al servizio di sua Maestà”, dimostrando quanto sia bravo nella direzione degli attori piuttosto che nelle disamine visive, ogni tanto sfuggenti al suo sguardo; fanno eccezione i microfoni, che diventano magnifici e intollerabili oggetti ansiogeni.