martedì 21 ottobre 2008

Storie di ordinaria follia (2)

Un anno fa mi rubarono l'auto. Quella mattina mi ero alzata prestissimo, alle sette ero già in viaggio per andare a lavoro. Sento un rumore metallico dietro l’auto. Rallento, accosto. Nemmeno il tempo di formulare qualche ipotesi che si avvicina una panda e il conducente dal finestrino mi urla: signò avete la marmitta a terra! io scendo d’impulso, guardo, mi giro , cerco un pezzo di marmitta (ma che forma ha una marmitta ?! ) , mi allontano, e all’improvviso, mi giro di scatto: un uomo sale nella mia macchina, mette in moto e va via . Il complice mi guarda con una smorfia a metà tra un sorriso e un boccaccia e riparte con calma in senso contrario. Io resto lì, da sola in quella piazza deserta . Mi sento in un quadro di De Chirico. Non ho più niente. Me ne accorgo lentamente, come se avessi dato tutto ai poveri; la borsa, il telefono, i documenti, i soldi, i miei cari cd. La rabbia cominciava a invadermi piano. Non mi aspettavo che i ladri erano già a lavoro alle sette del mattino. Ma una volta non si rubava di notte ? Faranno anche loro i turni? E’ una sensazione strana, quella di non avere più niente. Qualche ora più tardi ero dai carabinieri a far compilare (manco la soddisfazione di scriverlo io!) il solito verbale. L’ora dell’accaduto, il luogo, saprebbe riconoscere i ladri, erano mori o biondi, alti o bassi.( Bastardi , di sicuro..) Il carabiniere mi chiede i documenti. “ Li chieda al ladro! magari è cosi gentile…” E’ una sensazione che conosco molto bene. Un fiume di magma in piena, che trova uno spiraglio di buon senso e si placa. Qui è cosi. Devi sempre fartene una ragione. E allora richiedi per la seconda volta in un anno la patente (avevo gia’ subito lo schippo della borsa, una sciocchezza…) , ti rifai la carta d’identità, ti ricompri il cellulare, impari un nuovo codice puk, il pin, il codice segreto bancomat; insomma un continuo esercizio di memoria.
(Il grande metafisico è di G. De Chirico: la forma umana s'intravede alla sommità della colonna di figure geometriche quasi a sovrastare e a scrutare lo spazio deserto)
Un caro saluto per Adele e Aldo.

Nessun commento: