In questi giorni ripenso spesso a questo film. Il protagonista viveva una vita idilliaca e all’improvviso si accorge che nei suoi giorni c’è qualcosa di artificiale, di falso. La sua ricerca della verità lo disorienta, gli confonde le idee. Fino alla scena finale: Truman è su una barca nel pieno di una tempesta, ha paura, si sente in pericolo, le sue mani toccano qualcosa. E’ il confine di quella scenografia. Era tutto finto: il mare in tempesta, la sua vita, i suoi ricordi, persino il sole e le nuvole .Tutto costruito per un grande show.
Io mi sento così quando fotografo la mia terra devastata dall’incuria e dall’anarchia, quando mi arrabbio e scrivo e-mail a mezza Italia per convincerli che qui c’è ancora qualcuno che si dimena, si ribella, sperando di salvare quel che resta. E mi sento come nella scena finale del film quando Truman tocca il fondale, scopre l'inganno e non ha risposte.
Io mi sento così quando fotografo la mia terra devastata dall’incuria e dall’anarchia, quando mi arrabbio e scrivo e-mail a mezza Italia per convincerli che qui c’è ancora qualcuno che si dimena, si ribella, sperando di salvare quel che resta. E mi sento come nella scena finale del film quando Truman tocca il fondale, scopre l'inganno e non ha risposte.
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